“Professoressa, ci fa giocare?” Era la proposta ricorrente degli alunni demotivati, irrequieti, turbolenti, difficili, una volta che riuscivo a stabilire con loro una relazione positiva a livello umano.
La stessa proposta mi veniva fatta, puntualmente, anche dagli altri alunni negli intervalli e nelle pause o quando mi capitava di dover fare qualche supplenza.
“Giocare alla scuola media? Lo studio è una cosa seria!” reagivo.
Ma poi riflettevo: ‘Non si impegnano forse con serietà i bambini della scuola materna dove le metodologie e le tecniche del gioco e dell’animazione sono previste, conosciute ed utilizzate? Perché non tenere conto di questo bisogno, di questa richiesta esplicita e ricorrente? Perché non cercare forme e modi per animare le attività scolastiche anche alla scuola media?
E poi mi chiedevo: ‘Quali giochi per raggiungere gli obiettivi educativi e didattici in questa fascia di età? Per quali discipline? Come organizzarli?’
Mi sono guardata intorno e ho scoperto che qualsiasi attività didattica può animarsi, può trasformarsi in un gioco, anche quelle più noiose, quelle che richiedono impegno mnemonico e ripetitivo.
“Professoressa, questo gioco è più bello del computer e della Play Station!”- mi ha detto un alunno quando ho proposto “Il Gioco Infinito”, un gioco che avevo costruito con materiali poveri e che consentiva una molteplicità di utilizzazioni didattiche nelle diverse aree disciplinari.
“Grazie!”- gli ho risposto, abbracciandolo- “Mi hai ripagata di tutto il lavoro che ho fatto.”
Che i ragazzi della scuola media, che a casa loro non hanno mai visto un giocattolo e che non sanno che cosa sia un gioco di società, si entusiasmassero per le mie proposte era anche abbastanza facile e prevedibile; non altrettanto mi sembrava potesse succedere a chi a casa ha di tutto e di più.
In realtà imparare a scuola attraverso attività piacevoli, e per di più socializzanti e cooperative, sicuramente era una novità utile e divertente e per questo apprezzata da tutti.
Ma la cosa più sorprendente (e mi sorprende sempre come se ogni volta fosse la prima ) è vedere come persino i bulli, coinvolti e responsabilizzati nella produzione di giochi e materiali didattici, siano gratificati al punto da riuscire a chiedere scusa ad un compagno al quale hanno fatto un torto; è vedere come i bulli si possano trasformare in leader positivi e diventino disponibili ad osservare le regole scolastiche pur di partecipare ai lavori proposti.
La punizione, per chi non si comporta in maniera civile e rispettosa nei confronti degli altri, è diventata appunto l’esclusione dalle attività.