Il PROGETTO G.I.O.CO. ha origine dalla lettura di un libro, fatta nel millenovecentosessantotto, che ha determinato non solo le mie scelte professionali ma anche quelle di vita.
Parlo del libro Lettera a una professoressa, che mi ha spalancato gli occhi sulle disuguaglianze sociali e culturali e sulle ingiustizie del mondo della scuola, mondo efficacemente rappresentato come un ospedale che curava i sani e respingeva i malati.
Ho deciso perciò da subito di occuparmi di quei malati, interessandomi con l’entusiasmo e la fiducia dei miei vent’anni dei problemi dello svantaggio, della dispersione scolastica, del disagio giovanile e della devianza, e sostenendo, assieme a tanti altri giovani, le battaglie di Don Milani per cambiare quella scuola.
Ero convinta, infatti, di dovere e di potere dare il mio contributo per la costruzione di un’altra scuola, di una scuola dell’obbligo in particolare, che mettesse al centro del processo educativo e didattico l’alunno, ciascun alunno, con la sua diversità, con i suoi limiti e le sue potenzialità, per promuoverne realmente il massimo sviluppo culturale, umano e sociale. Ed ero altrettanto convinta che il compito della scuola dovesse essere quello di prevenire il disagio e di rimuovere, attraverso l’istruzione e la formazione, gli ostacoli che impediscono la libertà e la pari dignità dei cittadini e la loro partecipazione alla vita sociale e politica.
Mi sono ispirata alla scuola di Barbiana, innanzitutto per l’attenzione che riservava agli ultimi, accolti come in genere si accolgono i primi della classe, ma anche per il coinvolgimento e la responsabilizzazione di tutti gli allievi nel processo di insegnamento-apprendimento. Ed ho avuto, ancora, come punto di riferimento don Milani per la centralità e per l’importanza attribuita all’insegnamento della lingua, anche ai fini dell’emancipazione e del riscatto sociale, della difesa e dell’affermazione personale.
Don Milani, infatti, affermava che:
“..la miseria più grave dei miseri e che riassume tutte le altre loro miserie… è la mancanza di istruzione… (intendendo per istruzione tutto quello che è elevazione interiore) perché “su chi sa meno gioca bene il propagandista politico,il commerciante, l’imprenditore, la Confindustria, il distruttore di religione, il corruttore, lo stregone…”. …ma la miseria ancora più grave è la mancanza di “dominio sulla parola. Sulla parola altrui per afferrarne l’intima essenza e i confini precisi, sulla propria perché esprima senza sforzo e senza tradimenti le infinite ricchezze che la mente racchiude. La conoscenza della propria lingua “… non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita di ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dire uomo… chiamo uomo chi è padrone della sua lingua.”
La preoccupazione di don Milani è ancora di grande attualità. Le scarse competenze linguistiche erano e, sempre di più, continuano ad essere elemento di discriminazione e di emarginazione, di mancanza di libertà e di impoverimento della democrazia. E non solo. E’ stato dimostrato che i ragazzi più violenti hanno scarse competenze linguistiche.
La povertà lessicale, infatti, si traduce anche in incapacità di riconoscere, nominare e, quindi, gestire le emozioni.
Chi non ha le parole per identificare ed esprimere
la paura, la rabbia, la solitudine, la delusione, la frustrazione e il dolore
non riesce neanche ad elaborare la sofferenza
che, perciò, libera con la violenza.
Il PROGETTO G.I.O.CO., pertanto, pur essendo trasversale alle discipline, riserva una attenzione prioritaria alle lingue in generale e a quella nazionale in particolare, nella convinzione che le competenze linguistiche siano di fondamentale importanza non solo a scuola ma anche nella vita.