Ho deciso di scrivere filastrocche per parlare con i “piccoli” dei problemi che mi stanno a cuore. Con i “grandi” non riesco più a parlarne; o perché non condividono i miei interessi o perché non hanno il tempo di ascoltarmi. I bambini, invece, ne hanno tanto di tempo.
Naturalmente, non parlo dei figli dei ricchi perché, poveretti, pure loro sono oberati da mille impegni: la musica, la danza, la piscina, la palestra, le arti marziali, il doposcuola, le lingue straniere… Loro non possono restare indietro; devono correre, correre sempre, se vogliono arrivare primi. Dove? Non importa. Ciò che conta è arrivare primi.
I figli della povera gente, invece, i figli dei disoccupati e di tutti quelli che lottano per la sopravvivenza quotidiana non hanno i soldi per pagarsi tutte queste attività; in compenso, però, sono i padroni assoluti del loro tempo, hanno tutto il tempo che vogliono, perciò possono anche perderlo per le strade, lungo quelle strade dove molto spesso si perdono.
E, forse, proprio perché non hanno niente di più interessante da fare, ascoltano volentieri le mie filastrocche.
<<Maestra>>, mi chiedono, <<hai scritto altre filastrocche? … Maestra, ce le leggi?… Maestra, scriviamo le filastrocche?>>
Mi chiamano maestra, anche se lavoro in una scuola media, perché non capiscono certe distinzioni che fanno i grandi; e mi danno del “tu” perché rifiutano quelle regole del vivere “civile” che servono solo a creare distanze. I miei alunni mi sentono vicina; abbiamo un interesse in comune: le filastrocche. E non solo!