Prevenire il disagio: per solidarietà o per egoismo, un imperativo categorico per tutti

     Le filastrocche proposte in questo volumetto, fanno parte integrante di un progetto che affonda le radici nella lettura del libro Lettera a una professoressa dei ragazzi di Barbiana, fatta nel lontano millenovecentosessantotto. E’ un progetto per il quale lavoro da quindici anni; da quando cioè, ho cominciato la mia avventura nel Sostegno. Avventura iniziata con grandi paure e sensi di inadeguatezza (attenuati nel tempo ma sempre presenti) e che mi ha totalmente coinvolta poiché ho sentito questo mio impegno come un dovere non solo professionale, ma anche e soprattutto umano, sociale e morale nei confronti dei più sfortunati: portatori di handicap, emarginati, svantaggiati, bambini con difficoltà di apprendimento e di adattamento; nei confronti, insomma, di tutti quelli che ancora “aspettano di essere fatti uguali”, negli ambienti poveri e degradati delle nostre città, dove spesso la realtà supera di gran lunga la fantasia, e dove ho provato la disperazione di chi scopre che tutto quello che ha studiato non gli serve a niente… e che ha ancora solo da imparare… e che, per un problema di sopravvivenza, prova innanzitutto ad imparare a fare il domatore. E ho provato perciò il disagio di chi si trova ad essere vittima; vittima delle vittime di una società che per certi versi non sa, ma per altri non vuole trovare soluzioni ai loro problemi; di una società che non vuole ancora capire che la prevenzione del disagio, per solidarietà o per egoismo, deve essere un imperativo categorico per tutti, perché prima o poi, direttamente o indirettamente, tutti possiamo diventare vittime di quelle vittime che abbiamo creato con il nostro egoismo, con la nostra miopia, con la nostra distrazione e con il nostro disimpegno.